«Hanno questo di
proprio le opere di genio, che quando anche rappresentino al vivo la nullità
delle cose, quando anche dimostrino evidentemente e facciano sentire
l’inevitabile infelicità della vita, quando anche esprimano le piú terribili
disperazioni, tuttavia ad un’anima grande che si trovi anche in uno stato di
estremo abbattimento, disinganno, nullità, noia e scoraggimento della vita, o
nelle piú acerbe e mortifere disgrazie (sia che appartengano alle alte e forti
passioni, sia a qualunque altra cosa); servono sempre di consolazione,
riaccendono l’entusiasmo, e non trattando né rappresentando altro che la morte,
le rendono, almeno momentaneamente, quella vita che aveva perduta».
(Giacomo Leopardi)