Wednesday, September 10, 2014

L’arte non assomiglia a nulla di questo mondo

«L’arte inverte il corso del tempo, la sua spinta dal presente verso il passato è contraria alla spinta cosmologica. Essa toglie la maschera alla necessità che plasma incontrastata la nostra vita, si oppone al trascinamento temporale, al flusso delle cose e ai loro nessi; si oppone al tralignamento connaturato a ogni manifestazione della realtà vivente, che appare come esistenza organica, ordinata, corposa, mentre è astrazione, anchilosato cristallizzarsi di categorie.
L’artista ha lacerato le ragnatele dell’astrazione, strappato l’ordito dell’ottimismo, in cui la necessità dissimula la sua violenza con il miraggio della finalità.
Come profondità o come passato l’arte recupera un universo in cui la necessità si mostra nella sua fluidità e il giuoco nel suo trionfo, un mondo in cui regna la manía, e la vita appare privata del dolore dell’individuazione. Una sorta di “infanzia”, in cui gli attimi, componenti elementari, che agglutinandosi fanno sorgere l’individuo, si liberano nella loro incandescente veemenza.
Chi riesce a demolire la falsa corposità del mondo, a liberarsi dallo spettro della necessità e va oltre, trova la violenza mescolata al gioco (Dioniso).
L’arte non assomiglia a nulla di questo mondo: quasi tutte le perfezioni e le squisitezze di questo mondo si gustano nell’arte, proprio perché qui la vita appare depurata dalla violenza.
Il cammino ascendente dell’artista, dal presente al passato di ricordo in ricordo, in direzione dell’immediato, ha poi un riflusso, in cui l’artista comincia dire quello che ha veduto. Dopo aver vissuto nel passato, ora vuole ritornare per raggiungere con la sua opera gli altri uomini».

(Giorgio Colli, Dopo Nietzsche, Adelphi 1974).